CANAPA SATIVA
La canapa sativa è certamente una tra le piante più conosciute e diffuse nel mondo.
Appartenente alle Cannabaceae una famiglia di piante angiosperme dicotiledoni, piante con fiori senza petali e frutti con un singolo seme.
La canapa sativa è una pianta annuale che cresce senza l’utilizzo di pesticidi e concimi chimici, non necessita di costante manutenzione e irrigazione.
Costituita da un rigido fusto è caratterizzata da foglie palmate di forma seghettata che si estendono tutto intorno allo spazio.
Di un colore verde brillante si adatta a tutti i tipi di ambienti bonificando i terreni
Canapa sativa proprietà
Le proprietà della Canapa sativa sono innumerevoli, viene considerata una delle piante più complete in natura.
Le molteplici essenze si concentrano nell’inflorescenza femminile, che può arrivare a contenere oltre 100 diversi terpeni.
In profumeria botanica rappresenta una nota davvero interessante per profumi da un’incredibile forza olfattiva.
In aromaterapia ha un’azione distensiva, rilassante e riequilibrante.
Il suo aroma è fresco, dolce, erbaceo, una carezza di rugiada che rasserena lo spirito, un canto vibrante di felicità e di fiducia.
Canapa sativa Italia
Gli usi della Canapa in Italia risalgono a tempi molto antichi.
Recenti ritrovamenti sul lago di Albano, nei pressi di Roma, hanno dimostrato che la canapa fosse presente allo stato selvatico in Europa già intorno all’11.000 secolo a.C.
L’Italia per un lungo arco di tempo ne è stata la seconda produttrice più grande del mondo.
Dalla produzione tessile (vestiti, carte e tessuti tradizionali ricamati), a materiali di costruzione di bioedilizia (mattoni, vele e corde per la navigazione) cosmetici, sostanze alimentari, prodotti oleosi e molto altro ancora.
Per questo viene da sempre definita “sativa = utile” una pianta incredibilmente versatile.
Canapa sativa coltivazione
Nella prima metà del ‘900 l’economia italiana della tradizione contadina procedeva di pari passo con la produzione di prodotti alla canapa totalmente ecologici di alto livello qualitativo.
La mentalità del riciclo si attuava nel quotidiano lavorando ogni singola parte della pianta in modo intelligente e innovativo.
Nonostante i cambiamenti socio-culturali avvenuti nel tempo, la cultura della canapa si è radicata nella nostra identità sociale e storica.
Intere generazioni sono cresciute al fianco di questa preziosa risorsa conferendole rispetto e valore.
Canapa sativa legale
Con canapa legale si intende la varietà sativa, quella che nella legge n.242 del 2 dicembre 2016 permette la libera coltivazione di canapa con contenuti di THC inferiori allo 0,2%.
I maggiori impieghi della canapa legale in Italia sono a base di alimenti (nella produzione di semi, olio, farina, biscotti, condimenti) tessuti, carte, cosmetici, materiali edili, sportivi, accessori di moda ma anche aromaterapici come l’impiego dell’olio essenziale.
In Italia negli ‘30 la coltivazione della canapa occupava 85 mila ettari di terreno vantando il titolo di seconda produttrice mondiale per quantità dopo l’Urss e prima per qualità.
Solo dopo il 1950, con l’avvento della produzione di fibre sintetiche, la canapa ha smesso di essere un’importante fonte di guadagno per l’economia italiana fino ad essere posta quasi nel dimenticatoio.
La nuova linea di Olfattiva che ha come protagonista la Canapa ed il suo fare bene, si chiama Canapì. Canapì è composta da tre prodotti che lavorano a scopo aromaterapeutico:
🌿L’olio essenziale di Canapa;
🌿Il Roll On con olio essenziale di Canapa ed olio di Mandorla;
🌿Il profumo Canapì, profumo naturale a base di oli essenziali.
Differenze tra Canapa e Marijuana
Nel corso del tempo si sono verificate diverse incomprensioni riguardo la differenza tra canapa e marijuana.
La marijuana scientificamente viene definita come la sostanza psicoattiva derivante dalle infiorescenze della pianta femminile della canapa.
La cannabis è riconosciuta come Cannabis sativa L. della quale si distinguono tre varietà: la cannabis sativa (utile), cannabis indica (indiana) e cannabis ruderalis (russa o americana) tutte con dimensioni, origini, concentrazioni, percentuali e principi attivi differenti.
Il termine marijuana etimologicamente non ha alcun significato.
Veniva così definita dai messicani – la specie indica – per il suo effetto stupefacente ad uso ricreativo.
Nel corso della storia sono stati inventati diversi termini per identificare la marijuana sempre in riferimento alle infiorescenze essiccate per essere successivamente fumate, benché la canapa abbia una storia molto più prestigiosa e vi siano innumerevoli veicoli per beneficiare di tutte le sue qualità.
Indubbiamente la sua ‘fama di stupefacente’ ha indebolito la grande storia della canapa, tra le piante più complete e utili che la natura ha da offrire.
Ad oggi importanti ricerche scientifiche hanno permesso a questa pianta di riacquistare valore e interesse.
Proprietà e benefici della Canapa
I vari livelli di Cannabidiolo (CBD) secondo vari importanti studi hanno proprietà analgesiche e antinfiammatorie aiutando a rilassare i muscoli.
Il Cannabidiolo riesce efficacemente a ridurre gli stati infiammatori regolando diversi apparati tra cui il sistema nervoso centrale e consente il rilascio di sostanze biochimiche tra cui la serotonina, il famoso ormone della felicità.
Il Cannabidiolo aiuta a supportare il ciclo mestruale nelle donne agendo come rilassante allevia il dolore, rilassa predisponendo uno stato di calma e quiete.
Le sue proprietà ansiolitiche permettono di affrontare le mestruazioni con un maggiore controllo degli sbalzi d’umore.
Il Cannabidiolo contrasta il male alla testa frequente e l’emicrania grazie all’attivazione della serotonina, la quale, se assente, può causarne i sintomi.
SEMI DI CANAPA
I semi di canapa sono alimenti vegetali tipici orientali (ad es. dell’India) e della Russia.
Da sempre considerati un prodotto “povero”, i semi di canapa sono stati recentemente rivalutati, soprattutto nell’alimentazione vegana, al punto che oggi, in virtù delle loro proprietà nutrizionali, sono considerati alla stregua di un vero e proprio integratore alimentare.
I semi di canapa possono essere consumati: integrali o decorticati, crudi o cotti, interi o sfarinati, come olio o sotto forma di altri prodotti elaborati.
Classificazione
La classificazione botanica della canapa è stata per lungo tempo oggetto di controversie.
Un tempo si riteneva che ne esistessero numerose Specie, oggi invece si tendono a considerare le variazioni morfologiche come segni tipici delle Sottospecie o delle varietà.
Da quale pianta si ricavano i semi eduli?
Per canapa, si intende una pianta appartenente ad un gruppo botanico della Famiglia Cannabaceae, Genere Cannabis.
Da qui, la differenziazione delle varie tipologie di canapa risulta più complessa e, in base al metodo di classificazione, se ne possono distinguere Specie e/o Sottospecie e/o varietà.
Probabilmente, la classificazione più attendibile si basa sull’inquadramento di una sola Specie (Cannabis sativa) e la conseguente differenziazione in moltissime varietà (erratica, doetes, lupulus, macrosperma, gigantea, excelsa, compressa, sinensis).
Solo quella indiana (nomenclatura binomiale: Cannabis indica) “potrebbe” essere considerata una Specie differente dalla Cannabis sativa.
La canapa indiana, non coltivabile in Italia, è nota per le sue proprietà stupefacenti e, intera o lavorata, costituisce un prodotto narcotico proibito dalla legislazione italiana, e non solo, per l’uso voluttuario.
Nella porzione oleosa dei germogli, delle foglie, dei semi e dei fiori, la canapa indiana contiene alcune molecole psicotrope/psicoattive nervine conosciute col termine di fitocannabinoidi (ad es. THCA), invece assenti in quantità rilevanti nella Specie sativa e/o nelle altre varietà.
La canapa sativa è utilizzata per la produzione di tessuti, di olio o di mangimi, ed è stata sperimentata per un eventuale impiego nel settore dei biocombustibili.
Quella che si presta maggiormente alla produzione di semi (quindi, anche di olio e mangimi) è una varietà “nana”; al contrario, la canapa più indicata alla produzione tessile è quella definita “gigante”.
Semi di canapa nella dieta
I semi di canapa possono essere impiegati come fossero un alimento intermedio tra la categoria della frutta secca (acheni) e quella dei cereali.
Come frumento, orzo, avena ecc., i semi di canapa si possono consumare da soli (decorticati o integrali) ed il loro utilizzo è previsto in diverse ricette (soprattutto “etniche”) appartenenti a: primi piatti, insalate, piatti unici ecc.
Dai semi di canapa, per mezzo della “spremitura” a freddo, si ricava un olio vegetale dal gusto che ricorda vagamente quello di nocciola; questo olio, particolarmente soggetto ad irrancidimento, dev’essere conservato in frigorifero.
Ciò che avanza dall’estrazione costituisce un buon substrato per la produzione di sfarinati o mangimi.
Proprietà nutrizionali dei semi di canapa
Nell’alimentazione occidentale, i semi di canapa rappresentano un prodotto definito come “obsoleto”; ciò non è tanto imputabile al gusto (di certo singolare), quanto alla natura del cibo in essere.
Tuttavia, i semi di canapa sono un alimento particolarmente ricco di nutrienti utili all’organismo e possono rendersi molto utili soprattutto nel contesto di vari tipi di regime alimentare.
Il contenuto nutrizionale dei semi di canapa è simile a quello degli acheni.
L’apporto calorico è conferito soprattutto dai lipidi, ma anche la frazione proteica pare abbastanza rilevante; i carboidrati sono essenzialmente di tipo complesso.
Gli acidi grassi (circa 35% del peso), contenuti nei semi di canapa, sono prevalentemente polinsaturi (2/3 del totale); inoltre, la quota di lipidi “essenziali” (ω3 e ω6) e vitamina E risulta a dir poco notevole.
Oltre al consumo di semi di canapa interi, anche la scelta del relativo olio (da consumare a crudo nei condimenti) potrebbe contribuire ad aumentare l’apporto giornaliero di questi nutrienti.
Grazie alla presenza di ω-3 e ω-6, i semi di canapa e l’olio dei semi di canapa potrebbero rivelarsi utili nella strutturazione delle diete contro il colesterolo alto, contro l’ipertrigliceridemia, contro l’ipertensione e contro l’infiammazione sistemica responsabile dell’aterosclerosi.
In merito alle proteine, differentemente alla maggior parte dei vegetali, oltre ad essere abbondanti (≥20% del peso) possiedono un buon valore biologico.
Questo aspetto è particolarmente importante poiché una delle caratteristiche più controverse del regime alimentare vegano è proprio la carenza (o il rapporto inadeguato) di amminoacidi essenziali.
Le fibre contenute nei semi di canapa sono abbondanti e lo sono ancor di più nei semi non decorticati, quindi integrali.
Questa componente nutrizionale è molto utile per il corretto funzionamento dell’intestino, per la regolazione dell’assorbimento e per la prevenzione dei tumori del colon.
I semi di canapa contengono anche un buon profilo vitaminico, sebbene non si conoscano informazioni dettagliate sulle quantità precise.
Olio di canapa antidolorifico
L’olio di canapa ha proprietà antidolorifiche “indirette”, benché efficaci.
La chiave ruota di nuovo intorno al suo contenuto di acidi grassi essenziali, che hanno la capacità – come abbiamo visto – di ridurre l’infiammazione nel corpo.
L’infiammazione è una delle più frequenti e principali cause del dolore; in questo senso l’olio di canapa ha effetti indiretti: la riduzione dell’infiammazione può portare al miglioramento del sintomo che causa il dolore.
Inoltre, l’olio di canapa contiene flavonoidi, terpeni, carotenoidi e fitosteroli che possono avere effetti antinfiammatori.
Questo studio del 2021 ne dimostra l’efficacia, mentre uno studio del 2016 dimostra che l’aggiunta di olio di canapa all’olio di primula è efficace contro la sclerosi multipla, che è a sua volta determinata da infiammazione generalizzata.
È importante sottolineare che gli effetti antinfiammatori dell’olio di canapa possono variare da persona a persona e dipendono dalla causa dell’infiammazione.
In caso di stati infiammatori che richiedono cure, è necessario rivolgersi a un medico.
Conclusione
L’olio di canapa non è un farmaco; è un olio a tutti gli effetti, come l’olio di girasole e di oliva, e può essere gestito come un integratore alimentare, grazie alla straordinaria quantità di acidi grassi essenziali che il nostro corpo non è in grado di produrre e che sono essenziali per il benessere.
In più è ricco di proteine minerali e microcomposti bioattivi: se non è l’elisir di lunga vita, il suo consumo è comunque collegato a maggior benessere.
Canapa tessuto
La fibra della canapa è una fibra tessile ottenuta dal floema dei fusti delle piante di Cannabis sativa.
Prima dell’avvento del proibizionismo della cannabis essa era diffusa nel mondo come materia prima per la produzione di carta, essendo una delle piante più produttive in massa vegetale di tutta la zona temperata.
Le sue fibre inoltre hanno costituito per migliaia di anni importanti grezzi per la produzione di tessili e corde.
Oggi sono coltivabili legalmente per usi tessili varietà selezionate di cannabis libere da principi psicoattivi.
La canapa per usi tessili ha un’antica tradizione in Italia, dov’era usata per realizzare corde e tessuti resistenti.
Legata all’espandersi delle Repubbliche marinare, che l’utilizzavano grandemente per corde e vele delle proprie flotte di guerra.
La tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico è molto antica; le tovaglie di canapa in Romagna decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde sono oggetti di artigianato che continuano ad essere prodotti ancora oggi.
Si calcola che nella sola Emilia-Romagna, nel 1910 vi erano 45.000 ettari di terreno coltivati a canapa, soprattutto nel Ferrarese, mentre il dato complessivo di tutta Italia portava la superficie a 80.000 ettari.
Altro importante centro di produzione della canapa nel corso dei secoli è stato Carmagnola, in Piemonte.
Fino all’affermarsi delle tecnofibre la canapa era indispensabile per la marina, per le vele e soprattutto le gomene.
Carmagnola diventò il centro non solo di coltivazione, ma anche delle fasi di lavorazione e commercio per l’esportazione verso la Liguria e il sud della Francia, in particolare Marsiglia.
Durante il ventennio fascista, la produzione di canapa fu fondamentale per la politica autarchica di allora; nel 1940 l’Italia risultava essere il secondo paese per la quantità di canapa prodotta dopo la Russia, e la prima per la qualità.
Il più importante centro di produzione della canapa del Sud Italia è stata la città di Frattamaggiore, che già a partire dal IX secolo coltivava canapa per produrre funi.
Il picco di vendite si ebbe però dopo l’Unità d’Italia quando fu liberalizzato il commercio e l’industria di Frattamaggiore esportò i suoi prodotti in varie nazioni europee come Francia, Spagna e Germania, e in America del Sud.
Inoltre la leggenda narra che proprio a Frattamaggiore furono fabbricate le cime in canapa per le tre caravelle di Cristoforo Colombo.
Anche l’industria di trasformazione del tiglio di canapa in filato e poi in tessuto ha un’antica origine. Già nel 1876 il Linificio e Canipificio Nazionale era una società quotata in borsa, una delle più antiche e longeve.
La coltivazione andò in crisi per la concorrenza della juta, negli usi meno nobili soprattutto produzione di sacchi, e successivamente del cotone e delle fibre sintetiche.
Nel 1975 quando fu inasprito il divieto della coltivazione della canapa indiana Cannabis indica e nello stesso tempo messe in atto severe normative per la canapa tessile, il settore fu del tutto abbandonato.
Una difficoltà alla coltivazione, con il restringimento della normativa contro gli stupefacenti, è data dalla somiglianza morfologica delle due specie di cannabis, nonostante la profonda diversità di contenuto di THC (tetraidrocannabinolo), il principio con effetti stupefacenti.
Il quadro normativo è cambiato con l’accresciuta sensibilità per le produzioni agricole non alimentari, i migliorati processi produttivi e soprattutto per l’adozione di norme dell’Unione Europea.
Quest’ultima con regolamento CEE n 1164 del 1989 prevedeva l’erogazione di un contributo comunitario pari a lire 1.300.000 per ettaro.
In contrasto, però, proprio negli stessi anni veniva emanato in Italia il DPR 9 ottobre 1990 n. 309 recante il “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti” che menzionava il divieto di coltivazione della cannabis indica e nulla diceva a proposito della cannabis sativa.
L’interpretazione quindi era stata quella dell’estensione del divieto.
I successivi regolamenti CE n. 1672/2000 e 1673/2000 ribadivano le sovvenzioni comunitarie e le autorità italiane si dovettero adeguare alle regole europee.
Da qui i primi tentativi di reintroduzione della coltura: 290 ettari nel 2002, 857 ettari nel 2003, 1.000 ettari nel 2004 con presenza in Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana.